Open Data in der Medizintechnik

Was im Jahre 2013 begann, ist mittlerweile eine Bewegung aus fast 100 Firmen geworden: Die “Open-Data”-Verpflichtung. Branchengrößen wie Medtronic, Siemens, Philips und GE haben diese Verpflichtung…

Smartphone

独家优惠奖金 100% 高达 1 BTC + 180 免费旋转




I lampi di magnesio di Eta Carinae

Recenti osservazioni nell’ultravioletto hanno rivelato la presenza di gas caldo che si espande ad alta velocità all’esterno della Nebulosa Homunculus. Questa ricerca fa parte di uno sforzo che si protrae da decenni, teso a capire cosa accadde alla surpergigante Eta Carinae nel 19° secolo, quando per circa due decenni divenne una delle stelle più brillanti del cielo. Tra le ipotesi in campo vi è quella della fusione tra due stelle in un sistema di tre

Tra gli oggetti celesti più affascinanti e, allo stesso tempo, enigmatici va annoverata certamente Eta Carinae, una variabile luminosa blu da oltre 100 masse solari, situata nella costellazione meridionale della Carena a una distanza di circa 7.500 anni luce da noi.

Questa stella, altrimenti appena visibile a occhio nudo, divenne insolitamente brillante intorno al 1830, raggiungendo negli anni successivi una luminosità tale da superare persino Canopo. In quegli anni solo Sirio, circa 1.000 volte più vicina alla Terra, era più brillante di Eta Carinae: Eta era divenuta ormai così luminosa da essere usata come guida per la navigazione dalle imbarcazioni che percorrevano i mari del Sud. Ma, verso la metà del secolo, la stella perse progressivamente l’insolita luminosità acquisita negli anni precedenti, scomparendo a poco a poco alla vista.

Le spettacolari immagini acquisite dal telescopio spaziale Hubble a partire dagli anni ’90 del secolo scorso hanno mostrato che l’omuncolo visto da Gaviola cinquant’anni prima si era sviluppato nel frattempo in una magnifica nebulosa bipolare a forma di clessidra, estesa da un capo all’altro per qualcosa come 46.000 unità astronomiche, cioè per oltre due terzi di un anno luce.

Hubble è ritornato più volte a osservare la nebulosa dal 1995 in poi, producendo una serie di immagini sovrapponibili che hanno consentito di calcolare con precisione la velocità di espansione dell’Homunculus. Gli scienziati hanno potuto così ricostruire a ritroso nel tempo il percorso delle volute di gas e polveri che formano la nebulosa, arrivando a determinare che il punto di origine coincide precisamente con la posizione di Eta Carinae. Non solo: hanno anche potuto accertare che l’Homunculus cominciò a formarsi proprio negli anni della Grande Eruzione.

Gli eventi che causarono l’improvvisa illuminazione della stella e l’espulsione della nebulosa non devono essere stati tuttavia un fenomeno isolato. Le immagini di Hubble ci mostrano infatti che, esternamente all’Homunculus, si trova un vasto e irregolare anello di materia espulsa in epoche più remote, che gli astronomi chiamano outer ejecta (letteralmente ‘i materiali espulsi esterni’). Eta Carinae è con ogni probabilità una stella evoluta, prossima alla distruzione finale, che, per un oggetto così massiccio, non potrà che avvenire attraverso una gigantesca esplosione di supernova. Le periodiche espulsioni di materia attestate dalle immagini di Hubble sembrano appunto il preludio a quell’atto finale, di cui la Grande Eruzione del 19° secolo è stata probabilmente la prova generale.

Si pensava, dunque, che l’osservazione nell’ultravioletto non potesse rivelare granché di nuovo, dato lo schermo naturale dell’Homunculus, che impedisce alla luce stellare diretta di filtrare all’esterno. Ma la nuova immagine di Hubble, riportata in apertura di articolo, smentisce clamorosamente la previsione. In essa, la “clessidra” dell’Homunculus appare avvolta in una massa di “filamenti” di colore blu-violaceo, che si protendono verso l’esterno in direzione dell’anello rossastro formato dagli outer ejecta. Quei filamenti sono la traccia della radiazione ultravioletta di Eta Carinae che filtra attraverso le nebbie dell’Homunculus, così come i raggi del Sole filtrano attraverso le nuvole in un giorno di cielo coperto.

Nel caso specifico, il filtro adoperato da Hubble mette in evidenza la presenza di magnesio. Ciò che si vede nell’ultravioletto è una massa di gas caldo contenente magnesio, esterna all’Homunculus, che si espande ad altissima velocità, ma che non ha ancora impattato i materiali esterni degli outer ejecta (il cui colore rosso è dato, invece, dalla presenza di azoto, rilevata da precedenti osservazioni nel visibile e nel vicino infrarosso).

Serviranno fra qualche anno nuove riprese da parte di Hubble per determinare con esattezza la velocità con cui la nube di gas appena scoperta si espande e per datare, di conseguenza, l’epoca della sua emissione. Ciò che appare fin da ora chiaro è che questa massa di gas fu espulsa prima della materia che forma l’Homunculus, il che permette ai ricercatori di capire qualcosa in più dei meccanismi che portarono alla Grande Eruzione.

Il problema principale, ancora non risolto, è infatti comprendere esattamente in che modo si generò l’enorme aumento di luminosità di Eta Carinae durante il 19° secolo e cosa produsse la susseguente espulsione di materia che formò l’Homunculus e oscurò la stella. Al suo picco di luminosità, durante la Grande Eruzione, Eta toccò una magnitudine assoluta di −14,5, equivalente alla luce combinata di 50 milioni di Soli. Contemporaneamente espulse qualcosa come 10–15 masse solari di materia, generando la grande nebulosa che oggi l’avvolge come un sudario.

Fenomeni così imponenti sono stati osservati finora solo nelle esplosioni di supernova, che però terminano di solito con la distruzione pressoché totale della stella progenitrice e con la formazione al suo posto di un residuo stellare compatto (una stella di neutroni o un buco nero). Ciò non è accaduto, evidentemente, a Eta Carinae, che continua ancora a brillare poderosamente sotto il velo dell’Homunculus. Sono state perciò prodotte nel corso degli ultimi decenni decine di teorie, dalle più strampalate alle più verosimili, per spiegare cosa abbia generato una simile immensa emissione di energia e materia, senza distruggere al tempo stesso la stella che ne fu l’origine.

Smith e colleghi hanno potuto così accertare che, a una prima fase relativamente calma, in cui la stella emetteva flussi di materia con velocità comprese tra 150 e 600 km/s seguì, intorno alla metà del secolo, una fase esplosiva con emissioni straordinariamente potenti, le cui velocità superarono i 10.000 km/s e in taluni casi raggiunsero i 20.000 km/s. Solo le supernovae, per quanto ne sappiamo, possiedono una simile potenza esplosiva.

Le teorie che vogliono spiegare cosa accadde a Eta Carinae nel corso dell’’800 devono dunque tener conto di tutto ciò: della presenza attuale di una compagna binaria massiccia e calda su un’orbita allungata di 5,5 anni; e in più del fatto che l’eruzione si sviluppò attraverso una fase iniziale caratterizzata da un lento flusso di materia, seguita da un’improvvisa fase esplosiva, capace di eiettare flussi di materia stellare con velocità fino a 20.000 km/s, senza però distruggere la stella artefice di quel gigantesco fuoco d’artificio spaziale.

Il trasferimento di massa dalla supergigante verso la compagna cambiò i rapporti gravitazionali all’interno del sistema. Quella che era in origine la meno massiccia delle due stelle centrali, dopo aver “ingurgitato” la materia strappata alla supergigante, divenne la stella principale, il perno del sistema. Intanto, in seguito al trasferimento di materia, l’orbita della stella con il nucleo di elio esposto si era allargata notevolmente, finendo per incrociare l’orbita delle terza stella, la meno massiccia delle tre. Questa nuova interazione gravitazionale finì per produrre uno scambio di orbite: la stella di elio prese il posto della stella più esterna e quest’ultima fu risucchiata verso la stella centrale, divenuta nel frattempo un mostro da 100 e più masse solari, grazie alla materia strappata alla ex compagna binaria.

La stella risucchiata verso l’interno iniziò a sfiorare pericolosamente la gigante centrale. L’attrito tra le due stelle produsse un’espulsione costante di materia con velocità compresa tra i 150 e i 600 km/s, per la durata di un decennio o più, fino agli anni ’40 del 19° secolo. Ma ad ogni passaggio ravvicinato, l’orbita si restringeva sempre di più, finché la terza stella precipitò sulla gigante centrale, fondendosi con essa.

Cosa accade esattamente in un evento catastrofico di questo tipo non è noto, ma — secondo la ricostruzione proposta da Smith e colleghi — è molto probabile che la fusione dei due nuclei stellari, contenenti materia in corso di fusione nucleare, sottoposta a pressione e temperatura elevatissime, fu la causa di una titanica esplosione, che accelerò la materia espulsa da Eta Carinae fino a 20.000 km/s, come testimoniano i rilievi spettroscopici eseguiti sull’eco luminosa osservata dal 2003 in poi.

L’enorme illuminazione vista negli anni centrali della Grande Eruzione si deve, secondo tale teoria, al calore generato dall’immensa onda d’urto prodotta dall’esplosione, nel momento in cui i materiali espulsi ad altissima velocità dopo la fusione stellare impattarono la nube di detriti molto più lenti, espulsi negli anni precedenti.

Riassumendo, la stella centrale, quella che oggi chiamiamo Eta Carinae, è in questa ricostruzione il risultato della fusione di quelle che erano in origine la seconda e la terza stella del sistema. L’attuale compagna binaria su un’orbita eccentrica di 5,5 anni è invece la ex stella primaria, la supergigante che perse il suo involucro esterno, rimanendo con il nucleo di elio esposto (solo con un trasferimento di materia si può spiegare, in effetti, il fatto alquanto insolito che la meno massiccia delle due stelle di un sistema binario sia anche la più evoluta, cioè la più anziana delle due).

Cosa accadde davvero a Eta Carinae 170 anni fa? Purtroppo non esiste una macchina del tempo che ci consenta di studiare con le tecnologie attuali gli eventi accaduti nel 19° secolo. La ricostruzione presentata nello studio di Smith e colleghi è una delle congetture più verosimili, considerando i dati di cui disponiamo. Rimane tuttavia una congettura. Dovremo attendere che la Nebulosa Homunculus si disperda, per vedere finalmente cosa si cela dietro le sue nebbie e capire (forse) qualcosa in più di questo enigmatico mostro del cielo.

Add a comment

Related posts:

Where can I go ice skating?

It seems that ice skating has become more and more a part of Christmas festivities over the past few years with numerous venues putting in a rink for the festive period. Personally I am useless at…

A sensibilidade da putaria

Eu gosto de pessoas. Acho que essa é uma das minhas características mais marcantes e sempre foi. Desde criança, as professoras me definiam como uma pessoa sociável. Não só isso, mas eu sempre gostei…

Facing your failures

Funds collection for Edhi (another day) before that I collected funds individually from my own circle. A simple tactic I used was to text my fellows and friends asking them to share their donation…